Niente tasse senza legalità
di Paolo Flores d'Arcais | 25 novembre 2011
Niente tasse senza democrazia (“no taxation without representation”) fu la bandiera della rivolta americana che portò all’indipendenza, e poco più tardi del Terzo Stato a Parigi e in tutta la Francia. Perché la Nazione è appunto “bene comune”, incompatibile col privilegio.
Aggiornata all’Italia del governo Monti suona perciò: niente sacrifici senza legalità.
Non si può chiedere a decine di milioni di cittadini onesti di risanare le casse dello Stato rinunciando a qualcosa delle sudate pensioni o dei piccoli patrimoni messi insieme in una vita, se poi si continua a garantire spudorata impunità ai signori della grassazione continua, ai rapinatori delle cricche d’establishment, ai gaglioffi del potere che hanno trasformato lo Stato in “Cosa loro”e trattato ogni ente e risorsa pubblica come privatissima proprietà, spolpandoli e dunque derubandone i cittadini cui la “cosa pubblica” in democrazia appartiene.
La Grande Malversazione scoperchiata da Mani Pulite vent’anni fa era infatti ben poca cosa, e imbrigliata nel controllo dei capipartito e capicorrente, se paragonata alle scorrerie senza più argini cui ha dato il “la” il regime di Berlusconi, per il quale “governo”, “potere” e “patrimonio” sono sinonimi (quando sono i suoi).
Da Tangentopoli a Criccopoli il salto è abissale, e non a caso stava trascinando l’Italia intera nell’abisso, perché il crimine è stato non solo praticato (accadeva già in quantità industriale con democristiani e socialisti ), ma teorizzato, esaltato, spudoratamente esibito, trasmutato in “leggi ad personam”: santificato come virtù.
E nemici del popolo sono diventati, con parossistico linciaggio mediatico, i magistrati che qualche crimine del potere provavano ancora a perseguire.
Si illude perciò il professor Monti se pensa di poter affrontare e avviare a soluzione la questione economica senza prendere insieme di petto la questione morale, il cancro dell’impunità per “eccellenti” e altri boiardi che in questi anni di buio civile hanno messo a sacco il paese, cioè la nostra “proprietà comune”, tra grandi opere, protezioni incivili, aziende a controllo governativo e tutte le P (3, 4… n) della destra criminal-cialtrona che ha ridotto l’Italia in macerie.
Chieda pure sacrifici (“da ciascuno secondo le sue possibilità”, però: di ricchezza reale, non di infedeli dichiarazioni di reddito) ma non dia più copertura ai ladri, soprattutto se ai vertici.
Una legge “americana” su falso in bilancio e ostruzione di giustizia sarebbe un inizio promettente per un nuovo “contratto con gli italiani”.
Quelli onesti.
Il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2011